Sab. Feb 22nd, 2025

Cuscini di pietra  sui portali in bugnato

Piero Marinò

Il portale, nella sua funzione monumentale di ingresso alla residenza signorile, è un motivo di rappresentanza, elemento architettonico che connota lo stile dell’intero edificio in quanto collega l’aspetto esterno con l’interno stabilendo una relazione con lo spazio urbano.

Tra le diverse forme nelle quali, a Martina, si espresse l’architettura rinascimentale, un tema a se stante è rappresentato dall’uso del bugnato, impiegato dal XVI secolo fino alla metà del Settecento.

Con questa espressione architettonica, e attraverso l’uso di un materiale diverso, si vollero caratterizzare, nobilitandone l’aspetto, gli ingressi di alcune case a corte.

Per un lungo periodo, prima della esplosione del Barocco, i ricchi proprietari della città vollero condividere una tendenza architettonica che aveva registrato numerose adesioni in Italia e, in particolare, in Puglia. L’uso del bugnato nell’apparato murario, era consigliato nel De re aedificatoria (1450) di Leon Battista Alberti (1494-1472), per le opere difensive.

L’origine della lavorazione dei conci a punta di diamante nell’architettura tardo medievale, é riferita alle culture mediterranee orientali, per fortificazioni militari e non mancano rappresentazioni, in pitture del Trecento e Quattrocento di mura contrassegnate da pietre a bugnato.

L’uso di questo rivestimento assume un connotato metaforico: le bugne, di pietra bianca, a forma di diamante, catturano e rifrangono la luce, segno di purezza, presenza del Divino.

Le fughe tra i vari conci di pietra diventano ritmo, sono un espediente per organizzare geometricamente tutta una facciata, ottenendo effetti particolarmente significativi non appena il punto di vista si sposta, con una veduta dal basso in alto, o di scorcio.

Nel Seicento, a Martina, i portali in bugnato rappresentavano  l’espressione più aristocratica dell’arredo urbano.

Il primo portale con bugne piatte, di cui si ha una datazione certa (1668), apparve all’interno dell’ala rivolta a nord, nel Palazzo Ducale, ed era una fedele realizzazione di un modello rinascimentale proposto da Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573).

Nel tessuto urbano altri portali furono costruiti in via Principe Umberto: palazzo Casavola e palazzo Turnone, divenuto, nel 1728, il Conservatorio di Santa Maria della Misericordia. I due portali, dall’impianto rigoroso, appaiono molto simili: bugne rettangolari si alternano a coppie di bugne quadrate del tipo denominato a cuscino.

Palazzo Casavola in via Principe Umberto – Con le sue pietre a rilievo, il portale a bugnato emerge, dalla parete, e assume la funzione di cornice dell’ingresso mentre le bugne a cuscino catturano la luce creando un singolare effetto chiaroscurale.

Palazzo Turnone

Il portale del palazzo Blasi, in via Mazzini, subì modifiche quando, nel 1730, fu sovrastato da balconi con loggia in ferro battuto, secondo il gusto imperante.

Un aspetto maestoso, imponente caratterizza il portale del palazzo Blasi, in via Mazzini 3, contrassegnato dallo stemma di famiglia (datato 1806), nella parte superiore dell’arco a tutto sesto, due corolle e un ampio architrave con due enormi mensole reggi balcone. La serie di loggioni con balaustre in ferro battuto sono frutto di un intervento aggiuntivo effettuato nel 1730, come riporta la data incisa sulla mensola del balcone. All’interno, superato l’androne d’ingresso, si trova un luminoso cortile nel quale risalta l’ampia scalinata: due rampe con ringhiera scandita da colonnine spanciate, nobilitata dai busti di due guerrieri con armature e cimieri.

Il portale in bugnato del palazzo Magli, in via Cavour 25, propone, in maniera evidente, un esempio delle continue stratificazioni verificatesi all’interno del medesimo edificio.

Nel 1747, il proprietario dell’epoca, stanco dell’aspetto esterno della sua dimora e sedotto dalle novità del Barocco, fece apportare sostanziali modifiche al prospetto ampliando il primo piano, facendo costruire balconi con ringhiere in ferro battuto. Su un cartiglio fu incisa la data di questa ristrutturazione; il portale di accesso, in bugnato, fu modificato. I capitelli delle semi colonne che affiancavano l’ingresso furono eliminati e sostituiti da sculture raffiguranti due satiri.

Il portale del palazzo Magli, in via Cavour, presenta alcune varianti rispetto ai modelli precedenti: le file dei conci di pietra sono costituite da singole bugne, tutte rettangolari, con lunghezza alternata. A differenza degli altri il portale non presenta l’architrave sicché la successione delle bugne risulta ininterrotta. Al centro dell’arco campeggia una scultura costituita da un putto nudo con postura frontale ed eretta.

Il portale è fiancheggiato da due lesene con semi colonne che presentano, in sostituzione dei capitelli, due sculture raffiguranti dei satiri, anch’essi in posizione eretta, frontale. Le tre sculture, dal sapore fantastico, arcadico, in contrasto con la severa impostazione della facciata, paiono elementi aggiunti nella seconda metà del Settecento. Era il segno della condivisione del gusto barocco dilagante in città. La pulizia apportata all’intero prospetto, agli inizi del 2022, ha fatto emergere la diversa natura delle pietre usate per le nuove sculture: un materiale più levigato, meno corroso dall’azione del tempo, rispetto a quello delle bugne e delle altre due semi colonne che conservano i capitelli originari. È sufficiente osservare attentamente i volti delle sculture e le superfici delle semi colonne per toccare con mano l’età differente delle pietre. Una ulteriore riflessione relativa alla differenza dei linguaggi artistici presenti in questa opera architettonica permette di affermare che il rigore e la solidità manifestati dal portale in bugnato, la classicità sottolineata dalle colonne con i capitelli ionici (fine 500 – inizi 600), mal si concilia con il risvolto profano e fantastico, mitologico e raccapricciante, manifestato dai satiri e dalla scultura al centro dell’arco a tutto sesto (metà 700). Non si giustifica, diversamente, il motivo per cui le due semi colonne più distanti dal portale hanno conservato il capitello ionico originario, mentre quelle più vicine al portale in bugnato ne sono state private. Le sculture zoomorfe e sul concio centrale dell’arco svolgono la funzione di guardiani della soglia, sul limitare che separa il pubblico dal privato, l’umano dal divino, il caos dall’ordine, il razionale dall’irrazionale. Siamo davanti a due idee diverse di intendere l’architettura: stili differenti, prodotti di culture diverse e lontane nel tempo, sono stati fusi in uno stesso manufatto architettonico, ma non sono stati generati, nella stesso momento, da un solo artefice.

 Le colonne laterali che affiancano il portale del Palazzo Blasi-Lella hanno conservato gli originari capitelli corinzi

Tutte le residenze nobiliari del Seicento e del Settecento erano, in origine, case a corte che, in vari momenti, si sono trasformate, ampliate con nuovi piani, sino a divenire dimore decorose, dotate di ampi spazi, spesso di una galleria. Gli androni di accesso furono ridimensionati a causa delle nuove esigenze abitative. Quasi tutti i giardini cancellati. Queste residenze erano uno status symbol che andava, di tanto in tanto, rafforzato, ribadito con nuovi effetti speciali e abbellimenti. Anche l’aspetto esterno veniva sottoposto ad operazioni di restyling, di ammodernamento per testimoniare la condivisione delle nuove tendenze. In tal modo facciate e portali del Seicento subirono modifiche, a volte stridenti, capaci di modificare l’unità stilistica del primitivo impianto architettonico. 

L’uso del bugnato viene riproposto nel palazzo del conte Barnaba, rimodernato nel 1719, che si avvale di ben due portali identici al limitare dei due ingressi: quello anteriore, sulla sommità di via Mazzini, e quello posteriore situato in via Agesilao Milano.

I due portali sono costruiti con file alternate di conci rettangolari e coppie di bugne quadrate, tutte “a cuscino”. Ai lati dell’arco a tutto sesto sono presenti due corolle. Entrambi sono sormontati da una balconata in pietra con colonnine spanciate.

Il portale di via Mazzini, vera e propria quinta teatrale al termine dell’arteria stradale,

presentava, al centro dell’arco, uno stemma in pietra con il blasone di famiglia: un grifo rampante. Lo spazio sovrastante l’ingresso principale, un piccolo terrazzo, è contraddistinto da un arco, parallelo e arretrato di alcuni metri rispetto al portale, con due corolle e sovrastato anch’esso da un’altra balconata in pietra, con colonnine spanciate, al centro della quale è collocato un putto sdraiato.