Due piazze contigue, Vittorio Veneto e Francesco Crispi, nella città nuova
Piero Marinò
Passare in rassegna le foto d’epoca è come sfogliare un album di famiglia, Una immagine vale mille parole dicono i cinesi. È vero! Ecco perché le vecchie cartoline, fotografie ingiallite dal tempo, costituiscono importanti documenti, tracce di vita, testimonianze di epoche non troppo lontane da noi. Le immagini raccontano.
Per riflettere sulla storia delle piazze Vittorio Veneto e Crispi ci aiutano alcune foto dei primi decenni del Novecento e la pianta disegnata dall’architetto Giuseppe Semeraro nel 1854 che mostra il territorio circostante il centro abitato occupato da campagne ed orti.
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Pianta disegnata dall’architetto Giuseppe Semeraro nel 1854
Negli anni che seguirono l’unità d’Italia i martinesi vivevano, assiepati, all’interno della cinta muraria: nel 1871 la popolazione contava 18.102 abitanti.
Fu il sindaco Alessandro Fighera a individuare nuovi spazi, fuori dal centro storico, nei quali dare vita ad una città nuova nel rispetto di precise norme indicate dal regolamento edilizio redatto nel 1887.
I primi edifici moderni sorsero lungo il lato meridionale di piazza XX Settembre e lungo via Taranto, ma l’area che presentava caratteristiche adatte alla nascita del “borgo” fu quella situata a sud della villa Comunale, inaugurata nel 1872 e dedicata all’eroe dei due mondi.
Nel 1889 il dottore Antonio Bruni donò al Comune la somma ragguardevole di duecento mila lire affinché fosse costruito un ricovero per i poveri. La mancanza di un edificio scolastico indusse l’Amministrazione, dopo alcuni anni, a modificare il progetto del filantropo a favore di una scuola ampia che ospitasse le numerose classi (formate da 40 / 50 alunni) pigiate nelle celle del convento di Sant’Antonio in alcune stanze del Palazzo Ducale e del convento di San Domenico.
Una pianta del gennaio 1914 indica chiaramente l’organizzazione dello spazio intorno all’Ateneo, ancora in costruzione, un’area circolare destinata ad ospitare un monumento, le palazzine già costruite intorno alla futura piazza Crispi, ispirate ai nuovi canoni architettonici e acquistate dai benestanti del ceto agiato. In quella zona, come dimostra una foto, c’era un trullo che fu sacrificato.
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Completato nel 1922 l’Ateneo fu giustamente intitolato ad Antonio Bruni.
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La scuola sorse in una zona complessivamente pianeggiante: davanti al nuovo, magnifico edificio, fu ritagliata un’area destinata a verde al centro della quale, nel 1929, fu innalzato il Monumento ai Caduti, opera dello scultore Antonio Bassi, di Trani e, a proposito del quale, così si espresse lo storico Michele Pizzigallo: Un obelisco a struttura geometrica, con base incorporata, che sovrasta una sottobase pesante e massiccia, variamente scalinata. Tutto l’organismo, per la ricchezza di valenze usuali, per l’animazione delle superfici, per la luminosità e gli effetti chiaroscurali, sembra una variante, senza alcuna frattura lessicale e sintattica, della ricerca additiva di volumi, che contraddistingue il primo fiorire dell’edilizia del contesto pietroso delle Murge. Sul piano di raccordo della sottobase con l’obelisco, si stagliano, nella parte anteriore, il gruppo marmorei degli Eroi, uno spazio fluido che si dilata e contorce sino allo spasimo, nella parte posteriore, il bassorilievo dell’olocausto, le cui figurazioni, di una ieratica gestualità, valgono ad esorcizzare la staticità dell’obelisco e la massa della base (periodico Giorno per Giorno, marzo 1979).
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Lo spazio antistante l’edificio scolastico fu battezzato con il nome di Vittorio Veneto, in ricordo della vittoriosa battaglia (1918) che pose termine alla prima guerra mondiale.
Attiguo alla nuova piazza c’era, però, un enorme spazio che non mancò di attirare le attenzioni dei costruttori locali dell’epoca. Nel breve volgere di pochi anni sorsero quattro edifici, simili, a delimitare la nuova piazza che fu dedicata a Francesco Crispi (1818 – 1901) esponente della Destra Storica. Anche questa area fu delimitata da due file di alberi. L’ampiezza e la regolare disposizione delle strade conferirono alla zona l’aspetto di una moderna cittadina.
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Negli anni ‘50 la piazza, capolinea di stazione dei pullman per Taranto e altre (poche!) destinazioni, ospitava due stazioni di benzina, successivamente dismesse o trasferite, e un chiosco di giornali trasformato in bazar, gestito da un tipo dall’aria burbera, Francesco Mastrovito, ma per noi ragazzi era, più semplicemente, ù zùpp, un uomo che aveva le gambe amputate e che noi scorgevamo a malapena quando, prima di svolgere un compito in classe, ci recavamo da lui a comprare un foglio protocollo il cui costo era…. 5 lire!
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Oggi la piazza, adibita a volgare parcheggio, é luogo d’incontri serali per i giovani che si ritrovano nelle focaccerie e nei bar che proliferano intorno a quello spazio.