I luoghi dell’anima/L’anima dei luoghi – Piazza XX Settembre
di Piero Marinò
Lo spazio oggi noto con il termine “Stradone”, anticamera del centro storico, poco dopo la metà dell’Ottocento era conosciuto con il toponimo “Largo Santo Stefano” e si presentava come un’area brulla, ricoperta da pietrisco, qualche vecchio fabbricato; un luogo non proprio attraente per una città che aspirava a rimodernarsi, a creare nuove palazzine e quartieri in grado di ospitare nuclei familiari ancora residenti nell’antico centro abitato. Eppure, nonostante la scarsa accoglienza di quella superficie, in un clima ormai da “belle époque”, i galantuomini martinesi, dottori e avvocati, proprietari di masserie e ricchi commercianti, non tardarono ad eleggere quel nuovo e ampio spazio come luogo ideale per lo struscio, per una passeggiata fuori porta, tra i simboli del potere politico, il Palazzo Ducale, antica residenza della famiglia Caracciolo, e di quello religioso, la chiesa di Sant’Antonio, intorno alla quale era stata creata la villa comunale intitolata a Giuseppe Garibaldi. A testimonianza di questo uso del Largo ci resta un dipinto, datato ottobre 1876, dell’architetto Antonio Semeraro. intitolato, appunto, “La passeggiata dei Martinesi”.
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Fu necessario attendere il 1894, sindaco Alessandro Fighera, affinché quel luogo di incontri, richiamasse l’attenzione del consiglio comunale che deliberò una spesa di 3.484 lire per la sua sistemazione che fu completata nel giro di alcuni anni, non senza aver prima abbattuto vecchie casupole appartenenti al comune.
In una città che aveva un estremo bisogno di spazi, intorno alla nuova area, ribattezzata “Piazza del Progresso”, iniziarono a sorgere le prime palazzine moderne lungo il lato sud della piazza, costruite secondo le regole dettate dal nuovo Regolamento dell’Ornato. Agli inizi del Novecento sui lati lunghi della piazza fu creato un viale alberato di lecci.
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Lo sviluppo edilizio intorno alla piazza registrò un’impennata nel 1920 con l’edificazione del Teatro Comunale, palazzo di grande prestigio, a pianta triangolare, ad opera del costruttore Ciro Semeraro, che si avvalse, sul fastigio, dell’apporto di uno scalpellino, Tommaso Tagliente, alias “Quinto”, il quale scolpì un fregio rappresentante lo strumento musicale della lira su un simbolico pentagramma a festoni svolazzanti. L’edificio fu poi utilizzato, per alcuni anni, come albergo. Nei primi anni 40 il costruttore Elvino Miali fu autorizzato a realizzare una sopraelevazione di due piani che, in pratica, raddoppiò la volumetria…e il valore dell’immobile. Il bassorilievo realizzato da Tommaso Tagliente fu sacrificato.
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Un’operazione a dir poco temeraria fu quella, autorizzata nel 1942, a Vincenzo Chiarelli, proprietario di un’antica casa con tetto a pignon, attigua all’arco di San Martino, che ottenne una licenza edilizia che gli permetteva di “smontare” pezzo per pezzo, l’intero arco, allo scopo di abbattere la vecchia costruzione con tetto a spioventi per rimodernarla… con qualche piccola espansione. L’ardita operazione fu realizzata, con successo, dallo scalpellino Eugenio Braccioforte.
Nell’immediato dopoguerra lo spazio, nel frattempo ribattezzato “Piazza XX Settembre”, ospitò, oltre alla fiera patronale, comizi e processioni, feste dell’uva organizzate da don Giuseppe Grassi, concerti musicali e cortei nelle più svariate occasioni, ma, soprattutto, si trasformò in area di parcheggio sino agli anni ‘80. A fare da cornice, custodi e testimoni dello struscio quotidiano, a tutte le ore del giorno, negozi e uffici che per alcuni decenni hanno richiamato l’attenzione dei martinesi: studio medico del dottor Convertini, bar Caforio, La galleria del Tessile, Caffè Derna, Lupoli, Bruni Arte, Banca Commerciale, Tessilnino, Orologeria Carrieri, Ideal Bar, Caffè Verdi, Biancofiore. Il continuo viavai, il chiacchiericcio dei martinesi sullo Stradone prestò il fianco anche a qualche riflessione sociologica da parte di un giornalista al tempo …in erba quale era Agostino Convertino e del direttore di “Giorno per Giorno”, Lorenzo Castellana.
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Negli anni ‘70, in piena espansione urbanistica, l’area suscitò, ancora una volta, gli appetiti dei costruttori locali e fu necessario un largo movimento d’opinione per impedire l’abbattimento di un’antica masseria che si trovava tra il teatro Verdi e il negozio di tabacchi, per erigere un nuovo palazzo a più piani. La masseria, sede della sezione cittadina della Democrazia Cristiana, trovò spazio anche su una copertina del periodico “Giorno per Giorno” e fu poi ampiamente ristrutturata sino a smarrire la propria identità. Andò invece in porto la costruzione del palazzo all’incrocio tra la piazza e via Verdi. In assenza del Piano Regolatore il costruttore Pasquale Grassi (per gli amici “Mafòn”) ottenne la licenza per innalzare un edificio a cinque piani che provocò uno squilibrio nella percezione dello spazio dell’intera piazza. Un colpo basso per quanti amavano la piazza nell’immaginario collettivo. Per alcuni decenni la piazza fu adibita a volgare parcheggio.
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Nel 1988 fu effettuato il rifacimento del basolato: le vecchie chianche furono sostituite dalla pietra di Trani. Abolito il parcheggio non fu eliminato, in quella circostanza, il dislivello del piano di calpestio, che avrebbe determinato una diversa e più ampia percezione spaziale. Oggi, una rosa dei venti, al centro della piazza, orienta passanti e curiosi….mentre lo sguardo compassato e sornione di San Martino, sulla porta nobile, vigila, con discrezione e un sorriso, il chiacchiericcio dei martinesi….
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