Nascita, morte e resurrezione di uno spazio: piazza Umberto. Una vicenda lunga un secolo
di Piero Marinò
Davvero curiosa, e interessante, la storia delle piazze della nostra città: alcune di esse hanno accresciuto, con il tempo, il proprio fascino, altre sono state smantellate, altre ancora hanno subìto profonde trasformazioni. Le modifiche sono legate, quasi sempre, alle destinazioni d’uso, alle funzioni che questi spazi sono stati chiamati a svolgere.
Uno strano destino ha caratterizzato le vicissitudini di piazza Umberto, uno spazio di periferia (agli inizi del secolo scorso), divenuto centro commerciale negli anni del boom economico, e infine recuperato, alla vita cittadina, come luogo d’incontri.
Allorquando l’espansione urbanistica di Martina iniziò ad occupare, sul versante orientale, gli spazi che circondavano il centro antico, una zona attirò gli interessi dei palazzinari dell’epoca ed era quella che conduceva verso i principali centri viciniori: Locorotondo a nord, Ceglie Messapica ad est, Taranto a sud. Il punto d’incontro fra queste strade direttrici era ubicato presso piazza del Progresso, più tardi ribattezzata piazza XX Settembre. Fu così che, nei pressi di piazza del Progresso, sorsero, alla fine dell’Ottocento, le prime costruzioni del paese nuovo: si trattava di palazzi a pianta quadrata, ad un piano rialzato, con vani molto ampi, volte alte. Sono le costruzioni che si possono osservare scendendo lungo via Taranto, via Locorotondo, lungo la strada per Ceglie. Numerose e ancora ben visibili le date di edificazione: 1877, 1883. A ridosso delle palazzine di via Taranto, degli edifici tra piazza XX Settembre e via Principe di Napoli vi erano orti, giardini, terreni incolti.
Come al solito sono le foto d’epoca, preziosi strumenti di indagine, a venire in nostro soccorso e a farci conoscere quali erano le dimensioni e le funzioni di questa area che sarebbe divenuta piazza Umberto: agli inizi del Novecento lo spazio é occupato da residui di un orto, cataste di legna e, molto probabilmente, discarica di liquami.
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Lembi della civiltà contadina sopravvivevano ai bordi della città nuova che andava ampliando, sempre più, spazi ed ambizioni. Ma quel luogo, in leggero pendìo, mal si addiceva alle nuove dimensioni che andava assumendo l’area circostante: la popolazione, che era stata costretta a vivere ammassata per secoli, nell’antico centro angioino, aveva bisogno di spazi liberi, di luoghi d’incontro. Una immagine di Eugenio Messia, del 1920, ci mostra l’area ricoperta da un terrapieno e perfettamente spianata: a ridosso di piazza XX Settembre, certamente più aristocratica, quasi contigua a piazza Crispi, era nata piazza Umberto, uno spazio libero, aperto, illuminato da un lampione. La vita di questa area sgombra non durò a lungo.
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La terza fase di questa storia fu scritta quando, agli inizi degli anni 50, l’amministrazione guidata dal sindaco Alberigo Motolese, ritenne opportuno fare a meno della piazza per dotare il paese di uno spazio destinato ai commercianti di frutta e verdura, di pesce, formaggi, salumi, carni. Il mercato coperto, più noto come piazza Paisiello, non aveva le caratteristiche di una bella costruzione: a forma elissoidale, disponeva di due ingressi (uno su via Principe di Napoli, uno su via Paisiello) e di due piani: chi doveva acquistare pesce, mitili doveva scendere al piano inferiore. Chi doveva acquistare frutta, salumi, formaggi, andava al piano superiore.
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In queste foto aeree della metà anni ‘50 è possibile notare l’espansione della città: il mercato coperto è incastonato nel tessuto urbano.
Non tutti gli spazi riservati ai commercianti vennero completamente occupati, ma, al mercoledi, come da vecchia abitudine, aumentavano gli espositori, che provenivano anche da altri paesi, e gli acquirenti. Piazza coperta fu attiva solo per pochi decenni: alla fine degli anni 70 erano appena due (Tonino e Vincenzo) i fruttivendoli che ritenevano conveniente esporre la propria merce in quello spazio. Sopraggiunse il periodo più buio nella storia di questo luogo che, evidentemente, non aveva trovato una felice identità.
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Ecco come si presentava l’edificio ai martinesi nella seconda metà del secolo scorso.
Scelte amministrative di corto respiro, visione poco chiara dei bisogni della comunità, pesarono oltre misura sul destino di questa area che avrebbe meritato, in passato, una sorte migliore. Alcuni avrebbero voluto farne un parcheggio; altri vedevano lo stabile, opportunamente ristrutturato, come collettore di uffici comunali in modo da liberare il Palazzo Ducale da destinare a Palazzo della Cultura. Invece si praticò un’altra scelta: ripristinare la piazza. Nel 1991 l’edificio fu smantellato; le abitazioni prospicienti la piazza raddoppiarono il proprio valore.
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Le ruspe provvedono ad abbattere l’edificio, abbandonato da alcuni anni, per fare posto alla nuova piazza.
Oggi piazza Umberto, con panchine ed aiuole, lampioni, spazio per i parcheggi, é frequentata da qualche anziano che ha la possibilità di sostare e trascorrere parte della giornata in quasi assoluto relax. Una statua di padre Pio veglia sui passanti.
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